IL BIBLISTA BOLOGNESE: Pesce con Destro svela la figura di Gesù storico
- Dettagli
- Categoria: L'uomo Gesù
- Pubblicato Giovedì, 13 Settembre 2012 18:19
- Visite: 6078
Mauro Pesce insegna Storia del cristianesimo
all’università di Bologna, è un biblista
serio e assai noto, specie da quando ha
scritto con Corrado Augias il saggio di successo
anche mediatico «Inchiesta su Gesù»
(e del resto con un cognome come il suo -
Pesce,appunto,in greco «Ikhthùs», acrostico
di «Iesous Khrestòs.Theoù Üiòs, Sotèr»,
cioè «Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore»,
che agli apostoli aveva detto «Vi farò pescatori
di uomini» - non poteva non occuparsi
di Cristo).
Solo che la personalità strabordante di Augias
ha come soffocato il ruolo di Pesce
che resta soprattutto uno studioso,gli è grato
per la notorietà avuta ma ci tiene alla
precisione filologica e di pensiero, soprattutto
su un tema così delicato qual è l’esegesi
biblica ed evangelica.Alla richiesta di
Augias di un secondo volume a due mani
sull’argomento (uno che intervista, l’altro
che ci mette la polpa), Pesce ha risposto
educatamente di no.Augias è andato per la
sua strada,e Pesce per la propria.Che è poi
un saggio meno spettacolare ma parimenti
godibile che è uscito per i tipi della Mondadori
e si intitola «L’uomo Gesù - Giorni,
luoghi, incontri di una vita», scritto anch’esso
a quattro mani, questa volta con
Adriana Destro, docente universitaria di
Antropologia, anche lei a Bologna,nonché
consorte di Pesce.
Ma com’è questo nuovo saggio? «Di impostazione
antropologica anzitutto - precisa
lo stesso Pesce -, lo si evince anche dal testo
e dalla coautrice. Penso che non ci sia
bisogno di contrapporre Gesù e la Chiesa.
La novità della nostra ricerca sta nell’aver
esaminato e considerato preminente l’attività
pratica di Gesù, che non è un filosofo
né un teologo,ubbidire a Dio per lui è fare
delle cose, Dio è universale, regna,ma non
vuole premiare lui in particolare. Darà il
premio a chiunque fa».
«Gesù - aggiunge Pesce - è un predicatore
itinerante (ndr, caratteristica che gli viene
anche dal mestiere iniziale di «tèkton»,cioè
carpentiere, come suo padre), non porta
nulla con sé come i cinici,ha scelto di non
lavorare più, non si è sposato, gira per i villaggi
e detesta le città,e si aspetta tanto da
Dio che permea ogni aspetto della sua vita
e lo aiuta.Trovo straordinario che la sua parola
abbia varcato i millenni e che letta nelle
chiese sia una bomba che esplode ancora.
Per lui solo dopo la pratica vengono le
idee,basta porre attenzione al discorso delle
Beatitudini. Suo maestro è stato Giovanni
Battista,un predicatore marginale da cui
però si stacca.Tocca nella sua predicazione
soprattutto i villaggi degli ebrei, e ha certo
avuto un rapporto non buono con la città
perché la odia (si veda la parabola del figliol
prodigo: la città è il luogo della rovina)
». Il libro insegue il Gesù storico, quello
illustrato dai Vangeli, canonici o meno che
siano (Pesce ha curato quattro anni fa un’edizione
critica degli Apocrifi).
«L’esigenza principale che spinge a mettersi
sulle tracce della figura storica di Gesù
- precisa il docente felsineo - è la convinzione
che sia possibile ancora oggi fare
appello a lui come a una base ineliminabile
della nostra cultura e della nostra moralità.
Nella ricerca sul Gesù storico esiste, infatti,
la possibilità di una rigenerazione del mondo
religioso che a lui si richiama». Pesce e
Destro non credono che mettere in luce il
contrasto tra il Gesù storico e le chiese successive
e le loro dissonanti interpretazioni
costituisca un attacco e una negazione del
cristianesimo: ciò risponderebbe a una sorta
di fondamentalismo che ritiene che le
chiese di oggi siano sempre e in tutto fedeli
allo stile di vita e all’insegnamento di Gesù
e che esse mettano in pratica una grande
eredità monolitica e intoccabile, inverosimilmente
slegata dalla evoluzione storica.
«La ricerca antropologica e storica mette in
luce la complessità di tanti aspetti culturali
e le ragioni del cambiamento storico sempre
in corso - sottolinea ancora Pesce -. Questi
dati possono avere un effetto costruttivo
sulla riflessione dottrinale (come è avvenuto
per decenni nella teologia cristiana del
secondo dopoguerra) e sulle stesse concezioni
di religione e di religiosità». Nel libro
i due studiosi sostengono che «Gesù crede
nella religione tradizionale e non è il fondatore
di un sistema religioso diverso da
quello giudaico in cui è nato. Il suo stile di
vita e il suo messaggio, il movimento che
egli ha creato durante la sua esistenza non
erano una religione, concetto peraltro assente
dal giudaismo del suo tempo. Egli invitava
infatti a mutare comportamento in
funzione di un profondo rinnovamento all’interno
del mondo giudaico in cui viveva
». Solo quando i suoi seguaci furono in
grande maggioranza non giudei, Gesù fu
sottratto alla cultura giudaica. «La sua dimensione
umana - conclude Pesce - si perse
di vista quando si cominciò a considerarlo
prevalentemente un essere divino. La
sua figura si trasformò allora da quella di
autentico credente quale egli era, in quella
di un innovatore e riformatore critico della
sua cultura. Si cominciò così a perdere il
senso della sua fiducia e della sua attesa
nell’intervento di Dio. È a partire da questo
momento che si inserisce un cuneo che separa
il Gesù storico da quello delle chiese
successive».
Fulvio Basteris